Fonte: Juranews
Secondo la Corte di Cassazione non sussiste un obbligo per l’assicurato di qualificare la malattia professionale denunciata dovendosene solo allegare i sintomi (Cass. 23533 del 2016).
L’assicurato può infatti limitarsi a manifestare la propria sintomatologia, o i fatti morbosi accertati, e addurre i possibili agenti patogeni cui il lavoro lo ha esposto, senza essere tenuto a una specifica indicazione del “nomen” della patologia derivata, che ben può essere definita attraverso le attività peritali e decisionali del processo.
Non è richiesto un giudizio di assoluta certezza della diagnosi in quanto la valutazione della derivazione causale deve essere comunque svolta secondo un criterio probabilistico (Cass. 17684 del 2018).
Alla denuncia della malattia deve essere allegata una relazione particolareggiata della sintomatologia accusata e di quella rilevata dal medico certificatore.
Conseguentemente non è nuova, sia in sede amministrativa che giudiziaria, la domanda di prestazione assicurativa per una malattia professionale che, pur non coincidente con quella denunciata, rientri nel quadro della sintomatologia allegata e sia relativa alla lavorazione dedotta, trattandosi di mera qualificazione del fatto costitutivo allegato, consentita anche al giudice d’appello previo esperimento, se necessario, di nuova consulenza (Cass. n. 5004 del 2016).
Resta fermo che il fatto deve essere sufficientemente identificato ed il Collegio deve essere posto in condizione di valutare il contenuto della domanda amministrativa che ha dato origine al procedimento amministrativo dal quale è poi scaturita l’azione giudiziaria.