Attività commerciale o non commerciale degli ETS: impatto da valutare con cura

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Fonte: MySolution


Tra i principi fondamentali della Riforma del Terzo Settore (D.Lgs. n. 117/2017) vi è lo “sdoganamento” dell’attività commerciale che è finalmente esercitabile da qualsiasi ente del Terzo Settore, mantenendo l’iscrizione al RUNTS.

Al riguardo, occorre distinguere due concetti fondamentali:

  • la commercialità di singoli ambiti di attività (riscontrabile confrontandosi con ciò che riporta l’art. 79, comma 2, del Codice);
  • la commercialità generale dell’ente (cfr. art. 79, comma 5, Codice del Terzo Settore).

La possibilità di svolgere un’attività commerciale prevalente porta con sé, tuttavia, oneri significativi sotto il profilo degli adempimenti pubblicitari, degli obblighi di trasparenza e dei vincoli patrimoniali ai quali sono tenuti gli ETS.

Un ente del Terzo Settore diventa commerciale quando i ricavi delle attività commerciali superano i proventi delle attività non commerciali. Il passaggio da una categoria all’altra avviene nel periodo d’imposizione in cui cambia il bilanciamento tra le due tipologie di entrate e comporta l’obbligo dell’iscrizione nel Registro delle imprese. Si dovranno altresì:

  • tenere le scritture contabili ex art. 2214 cod. civ.,
  • redigere e depositare il bilancio di esercizio predisposto, a seconda dei casi, ai sensi degli artt. 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter cod. civ.

Spesso, pertanto, risulterà conveniente esercitare tale attività al di fuori del perimetro del Terzo settore al fine di mantenere modalità di gestione più “snelle”.