Il divieto di cumulo dei trattamenti di disoccupazione con i trattamenti pensionistici a carico

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Fonte: Juranews

La Corte di Cassazione – nel chiarire da tempo che il divieto di cumulo dei trattamenti di disoccupazione con i trattamenti pensionistici a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, introdotto dall’art. 6 comma 7 del citato d.l. n. 148 del 1993, si estende anche all’assegno ordinario di invalidità, in ragione della sua natura di trattamento pensionistico (cfr. Cass. 17/08/2023 n. 24751 e ivi le richiamate Cass. nn. 5544 e 8239 del 2010, 9808 del 2012 e 8634 del 2014) – ha rammentato che il regime della non cumulabilità di tali trattamenti è stato temperato dalla facoltà di opzione introdotta dall’art. 2 comma 5 del d.l. n. 299 del 1994 alla luce del quale “all’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell’assegno o della pensione di invalidità devono optare tra tali trattamenti e quello di mobilità”.

In quella sede si è rammentato che la norma sopra citata non prevede espressamente quali siano le conseguenze del mancato esercizio dell’opzione nel termine previsto per l’iscrizione nelle liste ma si è ritenuto di poterle ricavare dall’art. 1287 secondo comma c.c. il quale stabilisce in forma generale per tutte le obbligazioni alternative le conseguenze del mancato esercizio della facoltà di scelta del creditore “nel termine stabilito” prevedendo la decadenza dalla facoltà di scelta che passa al debitore.

In quel contesto si è ritenuto che, sebbene non si possa avere nel caso dell’iscrizione alle liste di mobilità alcun passaggio della facoltà di scelta al debitore, trattandosi di obbligazioni pubbliche in cui il comportamento dell’ente previdenziale è interamente assoggettato alla volontà di legge, tuttavia l’opzione tra i due trattamenti non potrebbe essere esercitata in ogni tempo ma deve piuttosto intervenire all’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità a pena di decadenza.