Fonte: JuraNews
In tema di pubblico impiego contrattualizzato, al di là del caso della reggenza, il principio che governa la remunerazione dirigenziale è quello dell’onnicomprensività, sancito dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, né, data l’unicità del ruolo, può configurarsi lo svolgimento di mansioni superiori ex art. 52 del citato D.Lgs. ovvero ex art. 2103 cod. civ.;
ne consegue che non ogni svolgimento di attività aggiuntive rispetto al proprio incarico e già proprie di altro dirigente può giustificare, a meno che la contrattazione collettiva non lo preveda, il riconoscimento di differenze retributive, essendo invece necessario che, quanto di aggiuntivo sia attribuito, comporti ‒ dal punto di vista qualitativo, quantitativo e temporale ‒ il trasmodare dell’incarico originariamente attribuito in una prestazione radicalmente diversa e destinata, in assenza di regolare formalizzazione nei termini di un nuovo accordo, a far prevalere, rispetto alla regola della onnicomprensività, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 2126 cod. civ., l’attività in concreto svolta, ove rispetto a questa siano in ipotesi previsti maggiori erogazioni retributive (Cass., Sez. L, ordinanza n. 36358 del 23/11/2021).