La libertà di concorrenza

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Fonte: JuraNews

La giurisprudenza unionale in materia di libertà di concorrenza si è invece sempre orientata nel senso di sostenere che la condizione di monopolista, siccome quella riconducibile ad una posizione dominante, non è di per sé abusiva (si osserva in Corte Giust. UE 19/01/2023, in causa C-680/20, U.I.M.O. s.r.l. che «l’articolo 102 TFUE non ha lo scopo di impedire ad un’impresa di conquistare, grazie ai suoi meriti, e in particolare grazie alle sue competenze e capacità, una posizione dominante su un mercato, né di garantire che concorrenti meno efficienti di un’impresa che detiene una posizione siffatta restino sul mercato.

Invero, non tutti gli effetti preclusivi pregiudicano necessariamente la concorrenza poiché, per definizione, la concorrenza basata sui meriti può portare alla scomparsa dal mercato o all’emarginazione dei concorrenti meno efficienti e quindi meno interessanti per i consumatori, segnatamente dal punto di vista dei prezzi, della scelta, della qualità o dell’innovazione»), ma postula l’adozione di misure in grado di evitare che la posizione acquisita sul mercato si esplichi in pratiche anticoncorrenziali in danno di altri operatori (e al riguardo Corte  Giust. UE, 6/09/2017, in causa C-413/14, Intel Corporation, ammonisce che «l’articolo 102 TFUE vieta, in particolare, che un’impresa detentrice di una posizione dominante attui pratiche che hanno l’effetto di escludere i suoi concorrenti considerati altrettanto efficienti quanto l’impresa stessa, rafforzando la propria posizione dominante mediante il ricorso a mezzi diversi da quelli che sono propri di una concorrenza fondata sui merito»), considerando, poi, segnatamente, che

«il benessere dei consumatori, sia intermedi sia finali, deve essere considerato l’obiettivo ultimo che giustifica l’intervento del diritto della concorrenza per reprimere lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale del medesimo. 

Per tale ragione un’impresa che detiene una simile posizione può provare che una pratica escludente non incorre nel divieto di cui all’articolo 102 TFUE, segnatamente dimostrando che gli effetti che tale pratica può produrre sono controbilanciati, se non superati, da vantaggi in termini di efficienza che vanno a beneficio anche dei consumatori, in particolare in termini di prezzi, di scelta, di qualità o di innovazione» (Corte Giust. UE, 19/01/2023, in causa C- 680/20, S.E.N. s.p.a.).

Dunque, nella chiave di lettura messa a punto dalla giurisprudenza unionale l’acquisizione di una posizione dominante sul mercato non è foriera, per definizione, di speciali obblighi di protezione, tanto più che, come ha ricordato ancora il P.G., essa, per poter essere considerata fonte di un abuso sanzionabile, deve estrinsecarsi in fattispecie di natura commissiva, come la Corte CE ha già avuto modo di esplicitare fin dalla sentenza Hoffmann allorchè si è ritenuto che fosse contraria all’allora vigente art. 86 del Trattato CEE la prassi negoziale adottata da un’impresa farmaceutica, avente una posizione dominante sul mercato, di vincolare gli acquirenti a rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso di sé (Corte Giust. CE, 13/02/1979, in causa C-85-76, Hoffmann); concetto poi rinnovato sempre in relazione alla Hoffmann anche in occasione della disamina dell’intesa intercorsa tra questa e La Roche volta a limitare la pressione concorrenziale sul mercato di un medicinale concesso in licenza, intesa appunto giudicata ricadente nel divieto di ricorrere a pratiche limitative della libertà di concorrenza di cui all’art. 101 TFUE (Corte Giust. UE, 23/01/1918, in causa C-179/16, Hoffmann).