Plusvalenze da cessione su immobile ad uso ufficio

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Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – Ordinanza n. 17528 del 25 giugno 2024

La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, ha recentemente chiarito un importante criterio sulla tassazione delle plusvalenze da cessione di immobili ad uso ufficio, avvenute entro i 5 anni dall’acquisto.

La cessione infraquinquennale di immobili 

Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – Ordinanza n. 17528 del 25 giugno 2024

Massima: “In caso di cessione, entro il quinquennio dall’acquisto, di un immobile classificato ad uso ufficio, ma oggettivamente classificabile anche ad  altri usi abitativi, l’effettiva adibizione di esso ad abitazione principale del cedente (sul quale grava il relativo onere probatorio) o di un suo familiare, da intendersi come destinazione a dimora abituale, ove realizzatasi per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione, è idonea ad escludere l’assoggettamento a tassazione dell’eventuale plusvalenza conseguita dal cedente, anche se tale destinazione sia avvenuta in contrasto con la classificazione catastale dell’immobile, potendosi anche in tal caso escludere l’intento speculativo dell’operazione”. (massima non ufficiale)

L’art. 67, comma 1, lett. b, del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 annovera tra i “redditi diversi” –  sempre che gli stessi non costituiscano redditi di capitale ovvero se non siano conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente – 

le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari”.

Come osservato dalla giurisprudenza il predetto articolo 

«pone la presunzione assoluta dello scopo speculativo (la c.d. “plusvalenza”) in qualunque cessione a titolo oneroso di beni immobili che siano stati acquistati o costruiti da non oltre cinque anni e che non siano stati destinati ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione. Per cui, il presupposto impositivo è integrato nel concorso degli elementi costitutivi della fattispecie normativa, essendo irrilevanti i motivi espliciti o taciti che abbiano spinto il contribuente a compiere l’operazione.» (Cass. civ., sez. trib., 23 febbraio 2021, n. 4757).

Osserva, inoltre, l’ordinanza in commento come la ragione della imposizione fiscale sulla plusvalenza prodotta tramite un trasferimento infraquinquennale consista nell’esigenza di tassare una ricchezza prodotta attraverso operazioni di cui si presume un intento speculativo: secondo l’id quod plerumque accidit, infatti, lo speculatore ha interesse a smobilizzare in tempi ragionevolmente brevi l’investimento immobiliare, e la previsione del termine quinquennale costituisce, come è stato osservato in dottrina, una sorta di “oggettivazione legale” dell’animus speculandi, cosicché, dunque, la stessa norma esclude dal proprio ambito di operatività gli acquisti di immobili poi adibiti ad abitazione principale, proprio perché in questi casi tale destinazione esclude, per sua natura, un intento speculativo all’origine (Corte cost., 2001 n. 171), trattandosi di acquisto verosimilmente effettuato per soddisfare l’interesse primario di provvedere al bisogno abitativo, al cospetto del quale il legislatore si disinteressa dell’eventuale plusvalenza generata dalla successiva cessione dell’immobile, anche se perfezionata entro il quinquennio dall’originario acquisto.

Seppure la destinazione all’uso abitativo sopraindicato deve essere effettiva e non meramente intenzionale, dovendo emergere da una serie di atti aventi estrinsecazione esterna idonei a dimostrare la concreta realizzazione di tale adibizione, tale circostanza non può ricollegarsi esclusivamente alla classificazione catastale del fabbricato, dovendosi dare rilievo all’ oggettiva destinazione abitativa di fatto impressa all’immobile.